Esempi di Santità
Servo di Dio Beniamino Miori
Sacerdote stimmatino
Lon, Trento, 11 giugno 1883 - Salerno, 23 maggio 1946
P. Beniamino Miori è nato a Lon di Vezzano l'11 giugno 1883 Entrato nel 1899 a Trento, nella Congregazione delle Sacre Stimmate (Stimmatini), fu ordinato Sacerdote nel 1910. Prestò la sua opera a Piacenza, Capodistria, Milano, Verona, Trento, Gemona. E' stato Direttore della Scuola Apostolica Bertoni (casa di formazione) e Padre maestro dei novizi. Inviato nel 1942 nella nascente opera Stimmatina del Sud Italia, fu destinato a curare le anime di Farinia-Picciola (località nella provincia di Salerno). Fu qui che diede esempio eroico di fede, di speranza e di carità. Infatti, Padre Beniamino, nel difficile tempo di guerra, trasformò Picciola in uno dei maggiori scenari dello sbarco alleato. Fu lì tra la sua gente e pur di non abbandonarla, quando la sua casa venne requisita dalle autorità alleate, si trasferì a vivere sotto il campanile della Chiesa. Riparò personalmente il campanile danneggiato dedicandosi, nel frattempo, allo studio dell'inglese per curare pastoralmente i soldati alleati, ed anche alla cura dei prigionieri (italiani e tedeschi) che dal vicino campo d'aviazione - (l'attuale Aeroporto di Salerno) frequentavano la Chiesa di Picciola per le funzioni religiose. Proprio dall'incontro con uno di questi, il tedesco Joseph A. Pausewang, nacquero i quadri di maggiore valore artistico e storico che oggi possiede la Parrocchia Sacro di Gesù di Bellizzi (SA). Ebbe molto a cuore l'istruzione religiosa degli abitanti di Picciola, dove prestò la sua opera anche come maestro elementare, ma tre anni di vita tra gli stenti e le privazioni di ogni genere gli furono fatali. Colpito da polmonite fulminante, morì dopo tre giorni all'ospedale di Salerno il 23 maggio del 1946. I suoi funerali furono concelebrati dai confratelli Stimmatini e dai Cappellani militari tedeschi, in mezzo ad una folla di italiani, di tedeschi e di alleati, tutti uniti da un solo dolore: quello della scomparsa di un padre. E' il primo Stimmatino morto e seppellito al Sud. Attualmente riposa nella Chiesa del Sacro Cuore di Gesù di Picciola. Il nulla osta per l'apertura della sua causa di beatificazione è giunto dalla Congregazione per le Cause dei Santi in data 3 giugno 2017.
Venerabile Emilio Recchia
Sacerdote
Nato a Verona il 19 febbraio 1888, entrato nella Congregazione degli Stimmatini all'età di 15 anni, sacerdote nel 1911, dopo varie esperienze pastorali fu inviato nella parrocchia di S. Croce a Via Flaminia (Roma). Durante la prima guerra mondiale partecipò come cappellano e fece l'esperienza della prigionia. Le truppe italiane si trovavano, in quel pomeriggio del 30 ottobre 1917, verso le 15,30 sulla strada di San Daniele del Friuli. Lì le truppe austriache sferrarono un pesante attacco contro i soldati italiani, in mezzo ai quali si trovava anche il nostro sacerdote. Fu dato l'ordine urgente e perentorio di ritirarsi per sfuggire all'attacco nemico. Ma parecchi soldati cercavano di resistere eroicamente e perciò molti furono i caduti ed i feriti falciati dalle pallottole. Don Emilio aveva già raggiunto una buona distanza dalla zona pericolosa e si fermò immediatamente. Gli giungevano le urla di soccorso ed i lamenti dei suoi compagni che giacevano a terra. Incurante di quello che avrebbe potuto accadergli, ritornò sui suoi passi e cominciò a confortare i morenti con i sacramenti della Chiesa e ad aiutare i commilitoni, tamponando come poteva le ferite. Intanto continuava fitta la grandine della morte. Lui, per nulla impaurito e come se nulla stesse accadendo, proseguiva il suo santo ministero. Gli austriaci circondarono i pochi superstiti e Don Emilio con loro. Con secchi ordini li incolonnarono con le mani dietro la nuca e li fecero camminare per decine di chilometri verso nord, fino a Judajusna. Di lì, ammassati in carri ferroviari, furono trasportati alla Fortezza di Rastatt. Poi Don Emilio continuò il viaggio fino a giungere al Campo Ufficiali di Schwarmstedt dove, prigioniero, continuò l'opera di cappellano fino al 3 gennaio 1919.
Si affidò alla Madonna durante la seconda guerra mondiale che impedì che le bombe negli anni di fuoco (1943-1944) colpissero la sua Parrocchia. Viceparroco per 8 anni e quindi parroco per 32, rivelò l'eroismo della sua carità sacerdotale mettendosi a totale disposizione dei fratelli a lui affidati.
Nell'estate del 1960 Roma ospitò i giochi Olimpici e per gli atleti furono costruite varie opere e strutture nel campo Parioli. Non si pensò ad erigere nessuna chiesa o luogo di culto preferendo nominare la Chiesa di Santa Croce al Flaminio come 'Parrocchia ordinaria degli Olimpionici'. I parroci viciniori scherzano dettero a Don Emilio il titolo di Parroco 'Olimpico'. Ma c'era poco da scherzare: bisogna in tutta fretta organizzare per bene ed a puntino, come lui desiderava da sempre, il servizio religioso agli atleti di tutto il mondo. Innanzitutto radunò quei confratelli poliglotti per elargire il sacramento della confessione. Poi fede stampare dei volantini in più lingue per aiutare gli ospiti nelle preghiere e nella preparazione ai sacramenti. e curò particolarmente la celebrazione della Santa Messa festiva che per tre domeniche consecutive (28 Agosto, 4 e 11 settembre) videro la chiesa piena di inglesi, spagnoli, tedeschi...!
C'era intanto un sacerdote, che senza mai aver visto Don Emilio, misteriosamente sapeva già tutto di lui: Padre Pio da Pietralcina. Talvolta qualche fedele di Santa Croce si recava a confessarsi o a chiedere consigli dal Santo Frate e si sentiva rispondere in modo quasi burbero: 'Ma perché non andate dal vostro Don Emilio?'. Il Parroco faceva recapitare a Padre Pio queste righe: 'Preghi perché faccia una buona morte e mi dia la sua benedizione!' A 73 anni egli comprendeva che la sua missione stava arrivando sulla linea del traguardo. Chiuse la sua laboriosa giornata terrena il 27 giugno 1969. Morì circa 9 mesi dopo Padre Pio da Pietralcina (23 settembre 1968). Anche per Don Emilio è aperto il processo di beatificazione. Papa Francesco l'ha dichiarato Venerabile il 21 febbraio 2020.
Autore: P. Romolo Bertoni – P. Luigi Malamocco
Venerabile Roberto Giovanni
Religioso
Rio Claro, Brasile, 18 marzo 1903 - Campinas, Brasile, 11 gennaio 1994
Fratello professo della Congregazione delle Sacre Stimmate di Nostro Signore Gesù Cristo. Papa Francesco lo ha dichiarato Venerabile in data 27 ottobre 2020.
Il Servo di Dio Roberto Giovanni nacque a Rio Claro (Brasile) il 18 marzo 1903, in una famiglia di origine italiana. Entrò nella Congregazione degli Stimmatini nel 1927. Al termine del noviziato, nel 1930, scelse di rimanere fratello coadiutore, non sentendosi degno di essere ordinato sacerdote. Emise la professione temporanea nel 1931 e quella perpetua nel 1937. La sua vita religiosa si svolse principalmente a Casa Branca, presso la comunità stimmatina del santuario di Nossa Senhora do Desterro, con un piccolo intervallo in cui svolse l’incarico di Segretario del Superiore Provinciale a Campinas. Il Servo di Dio fu anche Redattore e propagandista della rivista Ecos Estigmatinos.
Nei circa 52 anni di permanenza a Casa Branca svolse un’intensa attività pastorale. Fu molto generoso nell’assistenza ai bisognosi e ai malati, nell’accompagnamento dei moribondi e delle famiglie dei defunti, nell’aiuto materiale ai poveri e nella formazione catechistica e spirituale delle persone, soprattutto dei giovani. Fu un grande propagatore della devozione alla Madonna e a San Gaspare Bertoni.
Negli ultimi mesi di vita, a causa delle precarie condizioni di salute, fu trasferito a Campinas (Brasile), dove morì l’11 gennaio 1994.
Il Servo di Dio impostò la sua vita su una convinta Imitatio Christi. L’eroicità dell’esercizio delle sue virtù teologali, cardinali e dei consigli evangelici, consistette nella capacità di mantenere costantemente, per più di settanta anni, un comportamento coerentemente cristiano. Dimostrò di essere un uomo di Dio che visse la fede in modo eroico. Come religioso, predicò la fede con l’esempio di una vita di preghiera e di fedeltà alla Regola della sua Congregazione. La preghiera costante venne vissuta nell’intimità della presenza di Dio nell’Eucaristia, e la fede diventò più intensa durante la malattia alla fine della vita. Ebbe fiducia in Dio, praticò la speranza nella convinzione che, vissuta qui in terra, è garanzia ineffabile dell’esistenza della vita eterna. La sua carità, prima di tutto rivolta a Dio, fu sempre vissuta concretamente verso i fratelli e in particolare verso i poveri e i malati. Visse di contemplazione nelle umili mansioni in comunità e nella rete di relazioni apostoliche che innescava e curava con efficacia pastorale. Con l’amabilità nel tratto, la semplicità di espressione e la sensibilità alle difficoltà altrui, attirava l’attenzione e l’ammirazione di tutti, semplici e intellettuali, sacerdoti e laici, confratelli ed estranei, cercando di alleviare i dolori e aiutare chiunque avesse bisogno.
Fonte: www.causesanti.va